lunedì 17 marzo 2014

La minaccia del CryptoLocker: 1 su 30 vengono colpiti, il 40% paga il riscatto

www.theguardian.com
Alcune settimane fa è stata pubblicata la ricerca annuale sulla sicurezza informatica organizzata dal Centro di Ricerca Interdisciplinare della Cyber Sicurezza dell’Università del Kent, con un team composto sia da scienziati esperti di computer e psicologi, e condotta usando la piattaforma Google Consumer Service.
L’istituto ha riscontrato statistiche interessanti: 1 utente su 30 è stato colpito da CryptoLocker e il 40% di questi ha pagato il riscatto. 
Anche se i dati appaiono allarmanti, occorre specificare che gli intervistati rappresentano una piccola parte dell’universo statistico di riferimento (solo 1500 adulti inglesi). Questa quantità esigua lascia spazio ad inesattezze per una serie di motivi, incluse le distorsioni del campione dovute al tipo di persone designate a rispondere ai questionari online, ma i risultati sono abbastanza preoccupanti per essere considerati una semplice anomalia.
Altri dati invece sono facilmente intuibili. Circa i 2/3 degli utenti si sente esposto al rischio di un cyber attacco, mentre 1/4 è già stato vittima di un’aggressione informatica nell’ultimo anno, di cui l’11.9% colpito da malware, il 7,3% da phishing e 1/10 invece da cyber bullismo, molestie o stalking.
La percentuale di infezioni da malware qui descritta risulta essere leggermente superiore ai dati che emergono da altre ricerche simili, perché i casi di attacco di Cryptolocker e altri ransomware ne fanno innalzare il livello.
Infatti il 9,7% delle persone intervistate ha dichiarato di esserne stata infettata e CryptoLocker è quello più nominato e rappresenta 1/3 di tutti i contagi riportati.

Il problema dei dati raccolti è legato soprattutto alla conoscenza e all'onestà delle persone interpellate.
I malware spesso puntano ad eliminare tracce della loro presenza dai dispositivi delle vittime.
Così quando si chiede a qualcuno se sono stati colpiti da malware e la risposta è un secco “no”, bisogna essere scettici. Come possono esserne certi?
Provare una risposta negativa non è semplice: non si può essere certi che un determinato fatto non sia accaduto solo perché non ce ne siamo accorti.
Siete mai stai spiati a distanza? No? Siete davvero sicuri?
Generalmente i malware sono progettati per non lasciare traccia all'interno dei computer infetti. Invece CryptoLocker e altri ransomware fanno sentire la loro presenza, perché l’intenzione è avvisare le vittime di essere stati attaccati.
Quello a cui stiamo assistendo oggi è un vero e proprio cambiamento non nella natura, ma nella visibilità dei malware.

Solo 1/3 ha il firewall.
E non ci può essere cosa peggiore.
Altri dettagli emergono dalla medesima ricerca e rivelano che meno della metà degli intervistati usano anti-malware aggiornati, più di un terzo completano la sicurezza del pc con un firewall, e solo una percentuale appena inferiore si cura dello stato di sicurezza delle proprie password.
Forse un po’ più di visibilità consentirà al pubblico di iniziare a prestare maggior attenzione ai rischi connessi ai malware e altre minacce on line.
Al momento, sembra che ignoriamo la questione o neghiamo fino a che qualcosa di malevolo colpisce il nostro computer e porta via i nostri dati, o li cripta e richiede un riscatto.
Non c’è da rimanere sorpresi se molti ne pagano le conseguenze: gli step di base, come il backup di file sensibili o preziosi, sono merce rara.
Anche i dipartimenti di polizia e gli studi legali sono stati attaccati da ransomware, ma i bersagli preferiti rimangono le PMI, in cui le pratiche di sicurezza basilari (come appunto il backup) sono spesso assenti.

Questi problemi sono stati nascosti in passato, ma ora sono finalmente sotto la luce della ribalta, e lo choc può scuotere le coscienze e assegnare le giuste priorità alle esigenze di sicurezza informatica.

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