giovedì 26 luglio 2018

Internet, GDPR, minori e responsabilità dei genitori


di Gianni Dell’Aiuto | Avvocato | Accademia Italiana Privacy

A seguito della vicenda di accesso ai dati personali su Facebook, il social di Mark Zuckerber ha introdotto limiti di accesso alla piattaforma più rigorosi per i minori di quindici anni che, per determinate attività, dovranno avere il consenso di almeno uno dei genitori. Si può dire che, ovviamente, ciò non tiene conto delle non poche situazioni di genitori separati o non conviventi che esercitano congiuntamente la potestà sui figli, ma si tratta perlomeno di un tentativo per cercare di porre un freno non solo alle attività online dei minori, ma anche per proteggere i loro dati più che mai sensibili anche alla luce del GDPR (il quale, a dire il vero, sembrava già predisposto per arginare Facebook).

In tal senso il Regolamento Europeo prevede espressamente all’articolo 8 che il trattamento dei dati di un minore “è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un'età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.” Per la prima volta, a livello sovranazionale, viene sancito il limite di sedici anni per la prestazione autonoma del consenso, salvo prevedere per gli Stati membri la possibilità di indicare una diversa età purché, in ogni caso, non sia inferiore ai tredici anni. Proprio quella minima prevista da Facebook si potrebbe ironizzare. In ogni caso si tratta di una importante deroga all’articolo 2 del Codice Civile, secondo cui la capacità giuridica si acquisisce al compimento del diciottesimo anno. In ogni caso l’informativa che dovrà essere sottoposta ad un minore ai fini del consenso, dovrà utilizzare un linguaggio semplice e chiaro, facilmente comprensibile dal minore stesso.

È evidente quindi, che non potranno essere utilizzate informative standard quando l’offerta sia diretta a soggetti minorenni e maggiorenni. Allo stesso modo sono previste norme più rigorose anche in relazione al diritto all’oblio nelle ipotesi in cui venga chiesta la cancellazione dati nonché per il trasferimento degli stessi, quando un consenso sia stato prestato nella minore età.

Se ciò dovrebbe bastare a tutelare i dati dei minori da un utilizzo illecito da parte di aziende o altri enti che ne siano venuti in possesso illegittimamente, il vero problema si pone non solo nei casi in cui i dati vengano usati in maniera impropria o da soggetti non autorizzati ma, principalmente, dall’uso che i minori possono fare dello strumento telematico. Il dato statistico da cui non è possibile prescindere è che il 55% dei bambini di 12 anni in Italia ha un profilo social così come lo hanno il 32 % degli undicenni; ma il 10% di chi ha dieci anni già accede alle piattaforme. Dati non proprio irrilevanti che fanno riflettere sia sulla facilità di accesso alla rete, dovuta spesso a una scarsa attenzione da parte dei genitori ma anche dal dato oggettivo che ci troviamo di fonte ad una generazione nata già con un cellulare in mano e che, verosimilmente, non è consapevole delle modalità d’uso e delle conseguenze.

I rischi sono quelli intuibili ed immaginabili e vanno da quelli strettamente economici da parte di operatori commerciali che possono venire a conoscenza dei gusti ed interessi di una fascia di consumatori altamente sensibile alla pubblicità fino a quelli derivanti da un uso incondizionato dello strumento mediatico che possono sfociare nella diffusione incontrollata di immagini e filmati, cyberbullismo, digital kidnapping fino all’adescamento da parte di adulti o comunque malintenzionati. Resta ovviamente il fatto che tramite cellulare e computer possono essere commessi anche e principalmente i reati più tradizionali che spaziano dall’ingiuria alla diffamazione, ma che possono anche giungere fino all’induzione al suicidio, ipotesi non remota laddove si considerino le vicende di ragazzine che si sono tolte la vita perché prese di mira per il loro peso o l’aspetto fisico. E gli insulti on line, in alcuni casi, non sono cessati dopo la morte. Evidenti pertanto le responsabilità che incombono sui genitori prima ancora che sulla scuola.

L’aspetto che, peraltro spesso passa in secondo piano è che la responsabilità dei genitori non si limita solo a quella di educazione e vigilanza, preventive al verificarsi di episodi, ma che si estende a quella successiva in termini di risarcimento danni cagionati dal comportamento dei propri figli. L’articolo 2048 del Codice Civile infatti, prevede espressamente che padre e madre, congiuntamente tra loro, rispondono dei danni cagionati dal figlio e possono liberarsi da tale onere solo laddove forniscano una rigorosa prova di non aver potuto impedire il fatto. Una prova non sempre facile da poter offrire e che espone i portafogli dei genitori alle malefatte dei figli.

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