di Gianni Dell’Aiuto | Avvocato | Accademia Italiana Privacy
A seguito della vicenda di accesso ai dati personali su Facebook, il social di Mark Zuckerber ha introdotto limiti di accesso alla piattaforma più rigorosi per i minori di quindici anni che, per determinate attività, dovranno avere il consenso di almeno uno dei genitori. Si può dire che, ovviamente, ciò non tiene conto delle non poche situazioni di genitori separati o non conviventi che esercitano congiuntamente la potestà sui figli, ma si tratta perlomeno di un tentativo per cercare di porre un freno non solo alle attività online dei minori, ma anche per proteggere i loro dati più che mai sensibili anche alla luce del GDPR (il quale, a dire il vero, sembrava già predisposto per arginare Facebook).
In tal senso il Regolamento Europeo prevede espressamente all’articolo 8 che il trattamento dei dati di un minore “è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un'età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.” Per la prima volta, a livello sovranazionale, viene sancito il limite di sedici anni per la prestazione autonoma del consenso, salvo prevedere per gli Stati membri la possibilità di indicare una diversa età purché, in ogni caso, non sia inferiore ai tredici anni. Proprio quella minima prevista da Facebook si potrebbe ironizzare. In ogni caso si tratta di una importante deroga all’articolo 2 del Codice Civile, secondo cui la capacità giuridica si acquisisce al compimento del diciottesimo anno. In ogni caso l’informativa che dovrà essere sottoposta ad un minore ai fini del consenso, dovrà utilizzare un linguaggio semplice e chiaro, facilmente comprensibile dal minore stesso.